La nascita della potenza navale americana (1873-1909)

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L’U.S. Navy dall’incidente del Virginus alla "Great White Fleet"

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  • Autore: Massimo Borgogni
  • Anno: 2005
  • Formato: 15 x 21 cm.
  • Pagine: 272 pp., ill
  • ISBN: 88-7145-216-X

15,00 €

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L’U.S. Navy è da oltre sessanta anni – ed oggi più che mai con la fine della guerra fredda, del bipolarismo e la ricerca di un nuovo assetto internazionale – uno strumento di primaria importanza nella conduzione della politica estera degli Stati Uniti d’America: uno strumento militare costosissimo ed efficiente, che, attraverso una lunga evoluzione segnata anche da episodi dolorosi come l’attacco a Pearl Harbor, è oggi capace di intervenire rapidamente nelle aree di crisi con tutto il peso di una superiorità tecnologica schiacciante e, per ora, inavvicinabile dagli altri paesi protagonisti delle vicende mondiali.

Il presente saggio si propone di esaminare il punto di partenza di questa evoluzione, tracciando un quadro delle vicende politico-militari e delle scelte costruttive dell’U.S. Navy, che, fra l’ultimo trentennio del XIX secolo e la prima decade del ‘900, condussero all’affermazione degli Stati Uniti come una delle maggiori potenze navali del mondo. Senza la pretesa di risultare esaustivo in una materia complessa come quella della politica navale, questo lavoro di sintesi si pone quale obiettivo principale quello individuare le strette connessioni esistenti fra lo sviluppo della marina militare americana e l’evoluzione della politica estera del paese sullo sfondo di un periodo che fu sicuramente uno dei più importanti nella storia degli Stati Uniti.

La storiografia è oggi concorde nell’individuare negli anni a cavallo fra la fine dell’800 e la vigilia della Grande Guerra il periodo in cui furono superati i limiti imposti dalla «dottrina di Monroe» e vennero gettate le basi di una «presenza americana» a livello internazionale. E in questo contesto, la flotta da guerra rappresentò indubbiamente, non solo uno degli strumenti principali di attuazione di una politica estera più attiva che mirava a fare uscire il paese da quell’isolamento in cui era stato relegato a partire dagli anni della guerra civile, ma anche una sorta di «indicatore» delle linee di tendenza secondo cui si stavano muovendo le varie amministrazioni che si susseguirono a Washington. Le scelte costruttive e i concetti strategici in campo navale che andarono affermandosi in quegli anni, a nostro avviso, non furono infatti né casuali, né un semplice adeguamento a teorie elaborate dalle marine europee di più consolidata tradizione. Essi – a partire dalle stesse tesi di Mahan sul potere marittimo – si ricollegavano invece alla realtà di un paese ormai maturo dal punto di vista economico e finanziario; un paese con una «anima» complessa che – già allora – traeva vigore dal desiderio di ricerca di nuovi mercati esteri per incrementare i profitti, dalla convinzione della «superiorità morale» del proprio popolo e da un’ansia di esportare quei valori democratici che erano il fondamento del benessere americano. Tutto ciò si tradusse, pur con molte distorsioni, nei primi passi verso la creazione dell’«impero americano» e l’U.S. Navy né costituì lo strumento militare più importante, assumendo poco a poco il ruolo di «lungo braccio armato», fino a divenire alla vigilia del primo conflitto mondiale una forza non più trascurabile nell’equilibrio internazionale.

  • Autore Massimo Borgogni
  • Anno 2005
  • Formato 15 x 21 cm.
  • Pagine 272 pp., ill
  • ISBN 88-7145-216-X