Quest’opera è il frutto di parecchi viaggi fatti in Etruria tra gli anni 1842
e 1847. E’ sta scritta sotto l’impressione che le Antichità di questo paese,
che hanno suscitato grande interesse in Italia e in Germania durante gli
ultimi venti o trent’anni, meritano più attenzione di quanta ne abbiano fin
qui avuta dal pubblico britannico; in special modo da quei gruppi dei nostri
connazionali che annualmente attraversano questa classica regione nei loro
spostamenti tra Firenze e Roma. Pochi inglesi, eminenti per classe sociale
o per ricchezza di cultura, sono stati virtualmente al corrente di questo
argomento – ma fino alla comparsa del lavoro della Signora Hamilton Gray
sui “Sepolcri d’Etruria” la gran massa del pubblico era in uno stato di profonda
ignoranza o indifferenza. Questa signora merita ogni lode per avere
portato per prima l’Etruria a conoscenza dei suoi conterranei, e per avere,
in grazia del suo stile e capacità della sua fantasia, reso un argomento così
proverbialmente arido e ostico come è lo studio delle Antichità, non solo
accessibile ma fortemente attraente. Il suo lavoro, comunque, è lungi dall’essere
soddisfacente, come dichiareranno tutti coloro che l’hanno adoperato
come guida; infatti vi sono molte località di grande interesse che non
sono state descritte, e in alcune di quelle descritte mancano monumenti di
grande importanza che sono stati scoperti in epoche successive. E’ per supplire
a tali manchevolezze che io presento questi volumi al pubblico. Io
spero di accrescere e inoltre di soddisfare l’interesse e la curiosità che la
signora ha stimolato nei confronti del misterioso popolo, a cui l’Italia deve
la sua prima civiltà.
Lo scopo principale di questo lavoro è di servire come guida a coloro i
quali volessero di persona prendere conoscenza con le superstiti vestigia
della civiltà etrusca. La materia quindi è sistemata in maniera tale che il
viaggiatore può facilmente venire a conoscenza di quei monumenti che troverà in ogni particolare località. Ho pensato che fosse opportuno aggiungere
brevi notizie della storia di ciascuna città, così come può essere appreso
da antichi scrittori, con la mira di offrire interesse alla visita del viaggiatore,
come anche di dare al libro un certo pregio per coloro che volessero
usarlo, non come un manuale, ma come un lavoro di consultazione classica
e antiquaria. Inoltre poiché lo scopo preciso del lavoro è di servire da guida,
le esigenze e i bisogni del viaggiatore sono stati tenuti nel debito conto –
con la fissazione delle distanze, con cenni ai mezzi di trasporto, alla possibilità
di alloggio lungo il cammino, e altre notizie similari, che, si spera,
possano rendere il lavoro più gradito al viaggiatore, dal momento che si
rivolgono a suo esclusivo uso e beneficio.
Qualche scusa deve ritenersi necessaria per le abbondanti note che
danno al lavoro pretese eccessive per un semplice manuale. Poiché nella
stesura dell’opera ho avuto occasione di fare frequenti riferimenti ai classici
e ai moderni lavori di archeologia, mi è sembrato che con la citazione
delle mie fonti io dovessi evitare il carico di dichiarazioni imprecise o prive
di fondamento; mentre nello stesso tempo, col radunare e sistemare queste
fonti secondo i diversi argomenti a cui si riferiscono, e col manifestare i
documenti da cui poté essere tratta la primitiva informazione, io avrei reso
un servizio allo studioso e al ricercatore di antichità. Ancora per evitare di
gonfiare il lavoro a una mole eccessiva, io mi sono contentato, per la maggior
parte, di una semplice indicazione invece di riferire per intero la citazione.
Sebbene il rivelare come quest’opera sia stata costruita possa essere
inutile o anche poco piacevole per il lettore comune, per lo studioso di queste
cose non si rivelerà cosa sgradita.
Sento il dovere di esternare la mia riconoscenza a Cluver, Müller, e ad
altri scrittori, vivi o morti, che devo qui citare in termini vaghi, perché
sarebbe impossibile puntualizzare la fonte da cui ogni riferimento o impressione
è stato derivato. Comunque anche se mi sono avvantaggiato dei lavori
altrui, io ho attentamente controllato le loro fonti, o, quando questo era
impossibile, ho addossato la responsabilità a ognuno in particolare.
Devo così cogliere l’opportunità di pagare il mio personale tributo di ringraziamenti
ad alcuni studiosi viventi, i cui nomi sono circondati dalla
stima di tutti gli europei; in particolare modo ai dottori Braun ed Henzen,
segretari dell’Istituto Archeologico di Roma, per la gentilezza usata nell’accordarmi
ogni facilitazione per la continuazione dei miei studi, specialmente
col mettere a mia disposizione la ricca biblioteca dell’Istituto. A questi
io devo aggiungere i nomi del professor Migliarini di Firenze, la cui affabile cortesia mi è stata di grande vantaggio nel soggiorno in questa città; e
di Mr. Birch, del British Museum, che mi ha favorito con le sue notazioni
dei due sarcofagi di Musignano, descritti nel cap. XXIX di questo volume.
Neppure devo dimenticare di far menzione del mio amico e compagno di
viaggio Mr. Ainsley, al quale io sono debitore del libero uso delle annotazioni
dei suoi viaggi in Etruria, come pure di molti schizzi usati per illustrare
questa opera.
I disegni delle opere murarie, tombe, e altri resti locali, sono stati in massima
parte fatti da me con la camera lucida. Quelli di piccoli oggetti sono
generalmente tratti da varie opere poco conosciute in Inghilterra. La maggior
parte delle piante di antiche località sono pure ricopiate, ma due sono
state disegnate da me, e sebbene non vantino una precisione scientifica,
saranno trovate sufficientemente curate per gli scopi del turista. La Carta
generale d’Etruria è stata tratta principalmente dalla Carta di Toscana del
Segato, con l’aiuto della “Campagna di Roma” del Gell e del Westphal, e
delle carte ufficiali dello Stato Pontificio.
Attraverso questo lavoro la mia mira precipua è stata la verità e la precisione.
Almeno metà del manoscritto è stato scritto in Italia, e la maggior
parte di questo è stato controllato da frequenti visite alle scene descritte.
Nondimeno, il libro ha, senza dubbio, la sua parte di errori e imperfezioni.
Coloro i quali lo prendono in mano per semplice divertimento, penseranno
che io ho parlato troppo, lo studioso o il ricercatore di antichità che io ho
detto troppo poco sugli argomenti trattati, – da una parte io posso essere
accusato di superficialità, dall’altra di lungaggine e noia. A tutti faccio le
mie scuse con le parole di Plinio – Res ardua, vetustis novitatem dare, novis
auctoritatem, obsoletis nitorem, obscuris lucem, fastiditis gratiam, dubiis
fidem, omnibus vero naturam, et naturae suae omnia – “Non è cosa facile
dare aspetto di novità a cose antiche, autorità alle nuove, splendore alle trascurate,
luce alle oscure, favore a cose cadute in uggia, fede alle dubbie,
dare la propria natura a ognuna, e tutte collocare nella loro natura”.