Medicina e diplomazia

Italia ed Etiopia nell’esperienza africana di Cesare Nerazzini (1883-1897)
- Autore: Andrea Francioni
- Anno: 1999
- Formato: 17 x 24 cm., ill.
- Pagine: 534 pp.
- ISBN: 88-7145-156-2
Italia ed Etiopia nell’esperienza africana di Cesare Nerazzini (1883-1897)
Finora sulla vita di Cesare Nerazzini disponevamo delle note, necessariamente brevi visto il carattere delle opere che le ospitano, compilate da Carlo Zaghi per l’Enciclopedia Italiana 1, da Carlo della Valle per il Grande Dizionario Enciclopedico 2 e da Giuseppe Puglisi nel suo sempre utilissimo Chi è? dell’Eritrea 3. Più di recente si registra l’inserimento di una dettagliata scheda biografica del personaggio nel Repertorio bio-bibliografico dei funzionari del Ministero degli Affari Esteri 4.
Le notizie sulla figura e sull’opera di Nerazzini contenute in lavori di carattere generale sul colonialismo italiano (Conti Rossini, Battaglia, Del Boca, De Leone, Labanca, Ciasca) e sulle vicende dell’esplorazione italiana in Africa (Cesari, della Valle, Dainelli), in studi relativi a periodi ed aree geografiche più delimitati (come quelli di Aquarone sul “dopo Adua” e di Zaghi sull’interesse dell’Italia per Zeila e l’Harrar), così come in compilazioni di natura biografica o memorialistica (Pétridès, Canevari-Comisso, Baratieri, Felter, Martini) o più propriamente di storia diplomatica (Rossetti, Giglio, Monzali, Pigli, Palamenghi-Crispi), non sono tali da consentire di delineare con sufficiente approssimazione una biografia politica del personaggio, e non potrebbe essere diversamente, giacché l’attenzione degli Autori è per la ricostruzione di un’altra vicenda complessiva, anche personale 5.
Specificamente sul periodo africano (1883-1897) si concentra Riccardo Truffi, lumeggiando l’attività politico-diplomatica di Nerazzini attraverso le lettere da lui scritte al generale Luchino Dal Verme. Il lungo epistolario è senz’altro ricco di notizie per l’abitudine del nostro di riferire tutto in maniera minuziosa e riveste un interesse come compendio dei momenti salienti del primo colonialismo italiano, oltre che come fonte per la biografia del personaggio, presenta però l’ovvio inconveniente di fornirne un ritratto in versione autoelogiativa e in ogni caso di drammatizzarne il ruolo personale 6.
Dello stesso tipo di fonti si serve Erminio Jacona per un suo recente studio, anch’esso dedicato al periodo africano: l’Autore analizza con grande zelo archivistico il copioso epistolario diretto prima alla madre Elisa Colombi, poi alla moglie Egle Carletti, il quale, rispetto a quello esaminato da Truffi, ha il pregio di restituire un’immagine più veritiera di Nerazzini, con i suoi scatti d’ira, i suoi limiti umani, le sue simpatie ed antipatie personali, l’ebbrezza per i successi conseguiti alternata alle facili depressioni, le frequenti malinconie 7.
A parte ciò, molto altro vi è da dire su un personaggio che, caso raro nel novero dei viaggiatori, funzionari diplomatici ed agenti politici suoi contemporanei, percorre, operando “sul campo” con livelli di responsabilità diversi, quasi tutti gli anni del primo colonialismo italiano: assiste ai suoi albori dall’osservatorio privilegiato di Assab, dove viene inviato come medico del presidio nel 1883, agisce da protagonista nella sua fase terminale, cercando di rimediare con le due missioni presso Menelik al fallimento della politica crispina; nel frattempo è ad Ambaciarà dal negus Giovanni IV, nel Tigrè da ras Alula e più tardi da ras Mangascià, per lungo tempo ad Harrar da ras Makonnen e poi a Zeila, a Massawa e di nuovo ad Assab, per le necessità della “politica dankala”. All’inizio, grazie alla professione di medico riesce ad accreditarsi presso le popolazioni nel mezzo alle quali si trova ad operare e non di rado a stringere veri e propri rapporti di amicizia con personalità etiopiche di primo piano, come ras Makonnen. Quindi, passato ad esercitare funzioni a tutti gli effetti diplomatiche, consolida la sua posizione di punta nel panorama degli agenti coloniali italiani, fino a diventare il principale referente di Menelik alla Consulta.
Come ho sintetizzato nel titolo, anche la presente ricerca si incentra sull’esperienza africana di Cesare Nerazzini ed in particolare sul ruolo da lui avuto nell’ambito dei rapporti tra Italia ed Etiopia; tuttavia, per un’esigenza di completezza, si è allargato il campo d’indagine un pò a tutta la vicenda biografica del personaggio, ma si è cercato di analizzarla sempre con riferimento a quel periodo fondamentale della sua vita.
Le fonti principali sono costituite dai documenti ufficiali dell’Archivio Storico del Ministero dell’Africa Italiana e dell’Archivio Eritrea, entrambi presso l’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, e dalle carte personali di Cesare Nerazzini, depositate presso l’Archivio di Stato di Siena. Fra queste ultime particolare interesse rivestono i carteggi con la madre, con la moglie e col generale Dal Verme (complessivamente si tratta di circa 1250 lettere) 8: essi forniscono un filo narrativo già predisposto ed in questo senso hanno facilitato la ricerca, orientando nel lavoro di scavo dei fondi del Ministero degli Esteri e talvolta consigliando supplementi d’indagine in altri archivi pubblici e privati; d’altra parte la preesistenza di questo filo narrativo ha posto problemi nell’organizzazione del discorso intorno al principale oggetto di interesse, poiché seguendo il percorso tracciato dalle lettere ci si è trovati spesso a contatto con tematiche nuove e impreviste, o a volte non pertinenti, correndo il rischio di risultare dispersivi 9.
Parimenti fondamentale è stata l’analisi della produzione scritta di Nerazzini destinata alla pubblicazione (una trentina di titoli in tutto), sia quella di natura scientifica, originata dall’esercizio della professione medica, sia quella più direttamente connessa con la sua attività politico-diplomatica. Senz’altro utile, infine, si è rivelata la consultazione delle raccolte documentarie edite, le quali grazie alla loro struttura rigorosamente cronologica hanno in molti casi aiutato a delineare il contesto complessivo delle singole questioni affrontate.
Involontariamente questa ricerca raccoglie l’auspicio formulato nell’agosto 1897 da Giacomo Agnesa, allorché, in un momento in cui infuria la polemica sui risultati della seconda missione Nerazzini ad Addis Abeba, in una lettera al comune amico Luchino Dal Verme scrive: “gli attacchi al Nerazzini sono veramente ingiusti, e, più che altro, ingenerosi. Ma non sono diretti a lui, sono arma di polemica. Il grande affetto e la grande stima che io ho pel Nerazzini, per la sua rettitudine e per la sua intelligenza, mi fanno credere necessario, quando la calma sarà ristabilita, un articolo serio in una rivista, dove, con pacato animo, si parli di questo giovane modesto e buono, che senza grancassa, ha prestato utili servizi al suo Paese. Si potrebbero, senza polemica, mettere tutte le cose a posto” 10. La dimensione del lavoro non è propriamente quella ipotizzata dall’Agnesa, ma mi sembra che, anche solo alla luce delle considerazioni già svolte, il personaggio giustifichi una indagine di maggiore ampiezza: la speranza è di essere riuscito a precisare alcuni aspetti della vicenda coloniale dell’Italia liberale attraverso la biografia politica di uno dei suoi protagonisti 11.
Desidero esprimere la mia gratitudine a tutti coloro, studiosi, archivisti, bibliotecari, che a vario titolo mi hanno voluto aiutare in questa ricerca. Ringrazio in modo particolare il personale dell’Archivio di Stato di Siena e specialmente la dottoressa Patrizia Turrini e il dottor Erminio Jacona: alla loro disponibilità e competenza devo se sono riuscito a muovermi con qualche agio fra le Carte Nerazzini. Un ringraziamento assolutamente non rituale va al Comune di Montepulciano, che non ha voluto far mancare il concreto contributo della città alla conoscenza di un illustre poliziano.
Questa ricerca trae origine dalla mia tesi di dottorato, che ho svolto sotto la direzione dei professori Gianluigi Rossi e Marco Mozzati: di entrambi sono debitore per il sostegno scientifico e per il continuo incoraggiamento. Sincera riconoscenza devo inoltre al professor Fabio Grassi Orsini, che ha letto il testo nella sua stesura pressoché definitiva, confortandomi con i suoi suggerimenti e consigli. Da ultimo, ma non per ultimo, desidero ringraziare il professor Giovanni Buccianti, mio maestro, anche se temo che il debito di gratitudine, umano e scientifico, contratto nei suoi confronti sia davvero inestinguibile.