Renzo e Lucia abitarono anche a Siena

Cronaca di due matrimoni clandestini (1788 e 1814)
- Autore: Erminio Jacona
- Anno: 2014
- Formato: 17 x 24 cm.
- Pagine: 170
- ISBN: 88-7145-333-0
Cronaca di due matrimoni clandestini (1788 e 1814)
Alessandro Manzoni ci narra che, nell’anno di grazia 1628, ‘Renzo prese un braccio di
Lucia, lo strinse per darle coraggio, e si mosse, tirandosela dietro tutta tremante […] entrarono pian piano,
in punta di piedi, rattenendo il respiro [mentre] don Abbondio finiva di scrivere […] Tonio […] si ritirò da
una parte, Gervasio, ad un suo cenno, dall’altra; e, nel mezzo, come il dividersi di una scena, apparvero
Renzo e Lucia. Don Abbondio, vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò,
prese una risoluzione: tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole: - signor curato, in
presenza di questi testimoni, quest’è mia moglie. – [… e] Lucia, poveretta, con quella sua voce soave, […]
aveva appena potuto proferire: - e questo … - che don Abbondio le aveva buttato sgarbatamente il tappeto
sulla testa e sul viso, per impedirle di pronunziare intera la formula - poi la fuga, dalla riva del lago di
Pescarenico, verso Monza e Milano - l’onda segnata dalla barca, riunendosi dietro la poppa segnava
una striscia increspata, che s’andava allontanando dal lido. […]Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al
cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto
de’ suoi familiari …’
Così, nella notte degli imbrogli, il travagliato tentativo di quei Promessi Sposi che
ebbero vita grama prima di poter coronare il loro sogno d’amore.
Contrariamente a quando accadde al Manzoni - che fu ispirato da un manoscritto
anonimo del XVII secolo, il cui autore sembra avesse conosciuto da vicino i protagonisti
della vicenda, o fosse stato informato dallo stesso Renzo - in queste due storie, che mi
accingo a raccontare, si hanno invece delle certezze che narrano come l’humus della terra
di Siena sia stato fecondo nel coronare sogni e speranze di fanciulle romantiche, non
ancora colpite dal mal sottile, e di giovanotti rompicollo.
Questo mio racconto, allora, potrebbe iniziare con correva l’anno di grazia 1788
quando Ansano e Nunziata …, e seguitare con correva l’anno di grazia 1814 quando anche
Filippo e Carlotta …, informando, però, il lettore che le fonti di questi avvenimenti hanno
una stretta connessione con carte processuali, conservate nell’Archivio di Stato di Siena e
in quello Arcivescovile, e che tutto l’iter dell’intera vicenda si snoda sulle dichiarazioni
giurate dei singoli personaggi che, nella loro vita, vollero vivere e disegnare quelle storie.
Certamente ciascuno narrò la propria verità, con sfumature favorevoli per una
difesa credibile, ma questo nulla toglie agli eventi se mai, da più imbroglio a quelle che
furono semplici storie d’amore di giovani, spesso, separati dall’ingessata grettezza delle
classi sociali del tempo
La grande Storia e tutte le storie, che essa racconta, trovano certezza nelle date e
allora ho voluto mettere in sequenza quelle che fanno riferimento a questi nostri
avvenimenti, con altre, per suggerire al lettore un nuovo piccolo garbuglio.
I fatti narrati dal Manzoni iniziano il 7 novembre 1628, la prima idea del suo
racconto risale al 24 aprile 1821 (vi lavorò soltanto un mese e mezzo), il romanzo fu ripreso
nell’aprile del 1822, portato a termine il 17 settembre 1823 e pubblicato nel 1827, con il
titolo I promessi sposi, storia milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni.
Ma lo stile letterario del romanzo, non soddisfece ‘don Lisander’, tanto che nello
stesso 1827, tredici persone, tra cui cinque domestici, stipate in due carrozze intrapresero il
viaggio, verso Firenze, per quella che l’autore volle definire la risciacquatura in acqua
d’Arno. Abitò nell’albergo delle Quattro Nazioni, posto al n.° 4 del Lungarno Corsini, già
palazzo Gianfigliazzi e poi nel 1825, proprietà di Luigi Bonaparte.
A Firenze ebbe frequentazioni importanti: il granduca Leolpoldo II lo invitò a corte;
gli intellettuali (Niccolini, Cioni, Leopardi, Mamiani, Giordani, Pieri) che si radunavano
nel Gabinetto di Giampiero Viesseaux, in palazzo Buondelmonti, lo ricevettero alle ore 19
del 3 settembre 1827 e frequentò quella fucina di cultura quasi giornalmente; ebbe
l’amicizia di Emilia Luti, fiorentina genuina, che lo seguirà a Milano come istitutrice della
nipotina Alessandra D’Azeglio, e tanto influirà nel faticoso lavoro di revisione linguistica
che sfocerà nella Quarantana (1840) terza ed ultima edizione del suo romanzo.
Si è detto che le date hanno importanza perché qualificano i fatti che trasformano in
racconti e quest’ultimi in Storia.
Le storie da me narrate accadono nel 1788 e 1814, Firenze dista da Siena, trentasei
miglia, appena undici leghe – come si quantificava allora - da ventisei paoli per ogni tappa, le
due città si relazionavano vicendevolmente e quindi non è da escludere che la memoria di
quei fatti, giunta in Firenze, fosse ancora viva.
Manzoni fu in Siena molto tempo dopo la pubblicazione del suo romanzo e
solamente per dieci giorni dal 25 settembre al 4 ottobre 1852, ma possiamo con certezza
escludere che, in quel suo soggiorno fiorentino del 1827, egli non avesse avuto cognizione
degli avvenimenti accaduti a Siena?
La cornice storica, di tutto il racconto, è costruita sui diari dell’erudito senese
Antonio Francesco Bandini, pensato anche come personaggio della storia, conservati nella
Biblioteca Comunale di Siena, che raccontano il quotidiano cittadino dal 1785 al 1838; i
caratteri e le azioni dei personaggi sono, invece, suggeriti dall’immaginazione.