Sovana - Saturnia - Pitigliano - Sorano

Città e necropoli d’Etruria
- Autore: George Dennis, a cura di Derek Kennet
- Anno: 1991-2013
- Formato: 14 x 21 cm.
- Pagine: 72 pp., ill.
- ISBN: 88-7145-022-1
Città e necropoli d’Etruria
George Dennis era appena un giovanotto di ventinove anni quando nel 1843 arrivò a Sovana per raccogliere informazioni per il suo monumentale capolavoro Cities and Cemeteries of Etruria.
A quel tempo l’Italia non esisteva ancora come stato unitario e Garibaldi era ancora in Sud America a conquistarsi la fama di generale di quella Legione Italiana che sarebbe poi diventata i Mille. L’Unità d’Italia era ancora un sogno di pochi, e Pitigliano sorgeva sul confine di due stati: il Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Granduca di Toscana era Leopoldo II, a quel tempo il monarca più popolare dell’intera penisola, il che non sorprende se consideriamo che i suoi rivali erano a Napoli l’infame Bomba, e a Roma un papa crudele e retrivo che, col bandire ferrovie e telegrafo, teneva i suoi sudditi ancora nel medioevo.
Anche se la vita degli abitanti della Maremma toscana in quel periodo poteva sembrare assai misera, questi stavano molto meglio che nella Maremma laziale. Leopoldo II di Toscana era un monarca relativamente illuminato, e aveva già varato un programma di bonifica che avrebbe finalmente liberato la Maremma dall’impaludamento costiero, arginando così il flagello della malaria e permettendole dunque di diventare la zona fertile e popolosa che conosciamo oggi. Tuttavia, come Dennis non manca di ricordarci, il fardello dei suoi abitanti era assai pesante. Era ancora Maremma amara.
La causa principale di tanto squallore era proprio la malaria. La vita media era di ventitré anni. Nel 1843, nella provincia di Grosseto 31.029 persone presero la malaria: di queste 1.343 morirono, le altre furono più fortunate. Su una popolazione di 105.556 abitanti, questo significa che ogni anno una persona su tre prendeva la malaria, e una su cento ne moriva 1.
Non fu che nel 1880 che Layran osservò il ciclo del plasmodio della malaria, scoprendo per la prima volta la causa delle febbri. Fino ad allora la gente non era stata in grado di difendersi adeguatamente. Sulle cause delle febbri, anzi, circolavano teorie false e superstizioni: alcuni attribuivano la malaria all’aria cattiva generata dal mescolarsi delle acque dolci e quelle salse negli acquitrini lungo la costa, mentre altri pensavano che fosse dovuta ai gas emanati da alcune piante di palude o dai pesci morti in putrefazione nelle acque degli stagni, ma nessuno immaginava ancora che all’origine della malaria fossero le punture delle zanzare. Lo stesso Dennis, discutendo le origini dell’ariaccia di Saturnia, credeva che andassero ricercate nei miasmi che risalivano dalle paludi costiere o addirittura dalle sorgenti sulfuree proprio sotto il villaggio: le ormai famose Terme di Saturnia, le cui acque attraggono ogni anno migliaia di visitatori per le loro proprietà salutari. I tempi cambiano.
Il flagello della malaria aveva ridotto la popolazione a un livello incredibilmente basso, tanto che Dennis dice che la popolazione di Sovana nel 1843 era di sole 64 unità. Pitigliano, la città principale della regione ne contava ben 3.513, Saturnia 181 e Sorano, che per via dell’altitudine era più libera dalla malaria, 1.083. Era questa la Maremma al suo minimo storico. Ma nonostante le condizioni malsane, vi arrivavano ogni anno, a piedi, braccianti stagionali dall’Appennino, in cerca di lavoro. Se la vita era amara in Maremma, da altre parti era anche peggio. Una volta all’anno molti “montagnoli”, quasi esclusivamente uomini, lasciavano le loro terre per la disperata necessità di lavorare, e attraversavano gli Appennini. Venivano nella stagione peggiore, e lavoravano all’aperto tutto il giorno, si ammalavano facilmente di malaria e ogni anno morivano in gran numero 2.