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Città e necropoli d’Etruria
- Autore: George Dennis - a cura di Pietro Tamburini
- Anno: 2007
- Formato: 14x21 cm.
- Pagine: 96 pp., ill.
- ISBN: 88-7145-072-8
Città e necropoli d’Etruria
Qualunque lettore, scorrendo i capitoli di The Cities and Cemeteries of Etruria relativi alle località del Viterbese inseriti in questa riedizione critica – estratti dall’edizione del 1883, ristampa di quella del 1878 – riconoscerebbe senz’altro in quale misura il libro di George Dennis sia ancora “tenacemente vitale” e altrettanto intriso di “quel fascino, rarissimo nei libri di scienza, che emana dalla poesia” 1. Un istinto poetico, quello del Dennis, che in varie parti della sua opera raggiunge un alto valore letterario, come ad esempio nella descrizione del lago di Vico a cui, tra l’altro, la traduzione di Domenico Mantovani nulla sembra togliere: Il sole stava calando dietro le colline, che innalzavano le loro ampie masse porporine nel cielo limpido e ombreggiavano a metà la calma superficie del lago con le loro tinte – mentre l’altra metà rifletteva gli splendori arancio e oro di un tramonto italiano. Neppure un suono rompeva la trasparente calma, tranne lo stridore delle cicale dagli alberi, il cui canto non faceva altro che rendere udibile il silenzio – e neppure vi era un segno di vita umana oltre una grande colonna di fumo che si innalzava bianca sulla cresta degli oscuri monti.
Oltre a questo, l’indiscutibile attualità scientifica che distingue l’opera del Dennis da tanti altri scritti di archeologia del XIX secolo risiede non tanto nell’attendibilità, seppure fondata su di una vasta cultura, delle interpretazioni – che ancora mancavano di quei dati oggettivi di cui oggi possiamo ampiamente disporre – quanto piuttosto nella puntualità delle descrizioni di luoghi e di reperti, fatto questo di cui si erano accorti anche i contemporanei più lungimiranti dello studioso inglese, come apprendiamo da un articolo uscito nel 1849 nella Edinburgh Review, pubblicato a un solo anno di distanza, quindi, dalla prima edizione di The Cities: Ed uno dei fatti che accrescono grandemente il valore di particolari così attenti e di descrizioni così accurate come quelle del Dennis, è che molto di quello che egli ha documentato in questo libro non si possa più trovare, quando qualche futuro antiquario visiterà di nuovo quei luoghi 2.
Ma il libro del Dennis non è soltanto un’opera scientifica di indubbio valore letterario; è anche un testo utile dal punto di vista etnografico se, come leggiamo ancora nella Edinburgh Review del 1849: Raramente ci siamo incontrati con descrizioni del panorama italiano, al tempo stesso così sorprendenti e così caratteristiche, come quelle con le quali il signor Dennis ha cosparso i più aridi particolari della topografia antiquaria 3.
Un’opera, in effetti, molto attenta anche a quelle registrazioni di immagini (il “panorama italiano” dell’anonimo articolista della Edinburgh Review) dell’epoca del Dennis, fatte di luoghi, di strade, di edifici, di persone, insomma di una vita all’interno di un mondo oggi definitivamente scomparso, persino nell’immaginario stesso delle ultime generazioni. Allora come non sottolineare quei gustosi, quanto severi e reiterati, commenti a proposito della qualità dei nostri alberghi dell’epoca (“Monte Fiascone... è una città di una certa importanza...
ma non ha una locanda decente”, “Bomarzo è di uno squallore estremo; ad un punto tale che... non potemmo vedere una casa il cui esterno promettesse una decorosa possibilità di sistemazione”, “E le locande che si incontravano [sulle rive del Tevere] non erano certo adatte ad ospitare altro che i braccianti impegnati nei lavori giornalieri”, e ancora: “Ma io e il mio amico pittore fummo felici di trovare abbastanza spazio sul ponte [dell’imbarcazione]...
invece di cercare riparo in qualcuna delle sporche locande, piene di gente, sulla riva”), oppure, quei ben più amari commenti nei riguardi della povera gente che “si contenta di abitare in caverne e nicchie della roccia nel più disgraziato e infelice squallore”. Come non cogliere le pungenti informazioni sulla viabilità minore del Viterbese di allora, quando la manutenzione di certe strade era tale da impedire il transito delle carrozze e da costringere il viaggiatore alla rassegnata constatazione che per spostarsi da un centro all’altro, come ad esempio da Ferento a Bomarzo, “è giocoforza andarci a cavallo”.
The Cities and Cemeteries of Etruria, in conclusione, è certamente un lavoro che rappresenta un felice, quanto insolito, connubio tra ricerca scientifica e magistero letterario, opera di un singolarissimo personaggio che riuscì a conciliare in sé stesso i doveri del burocrate con l’istinto del pioniere, sollevando attraverso la sua opera più famosa gran parte di quelle problematiche che ancora oggi costituiscono materia di indagine per gli studi etruscologici.