Le prime lavorazioni dell'oro in area flegrea

- Autore: Edilberto Formigli e Lucia Amalia Scatozza Höricht
- Anno: 2010
- Formato: 16 x 24
- Pagine: 96 pp., ill.
- ISBN: 978-88-7145-303-3
Per uno studio delle influenze tecnologiche provenienti dal Mediterraneo orientale e delle problematiche riguardanti la possibile immigrazione di maestranze specializzate nella lavorazione dell’argento e dell’oro in area campana, di particolare interesse risultano i reperti più antichi delle necropoli di Cuma e Pitecusa. Essi attestano le più antiche lavorazioni di metalli preziosi dove è possibile riscontrare l’applicazione di importanti innovazioni tecnologiche quali la granulazione e la filigrana, realizzate grazie alla saldatura, tecnica ancora sconosciuta agli artigiani italici della cultura villanoviana precedente.
Una classe di reperti molto importante per lo studio della storia della tecnologia orafa è quella dei pendenti in lamina a forma ovale o circolare.
Quattro esemplari molto antichi da Cuma, dei quali presentiamo qui i due più rappresentativi (Cuma nn. 1 e 2), offrono la possibilità di mettere in evidenza le semplici tecniche costruttive di questi reperti e la strumentazione usata nella loro decorazione, attestata ampiamente nella lavorazione del bronzo in ambiente italico dell’età del ferro. Si tratta dunque di reperti in oro che non risentono ancora delle innovative influenze tecnologiche orientali ma che utilizzano un metallo prezioso ancora estremamente raro prima del fiorire delle ricche oreficerie orientalizzanti.
Particolarmente importanti in relazione ai problemi suddetti sono quei reperti in oro, in argento o in argento dorato a foglia, lavorati con filigrana a trina composta da numerosi fili lisci, ritorti, doppi, diritti o con andamento ondulato a serpentina o a meandro, disposti a fasce in senso parallelo e saldati solo tra di loro (tecnica “a giorno”) oppure anche su di un sottofondo di lamina (tecnica “a notte”). Questa particolare lavorazione è già abbondantemente presente a Cuma e Pitecusa nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. su numerosi gioielli e in modo particolare su castoni di anelli o pendenti con scarabeo e su armille, mentre in Etruria si trova solo ancora in maniera sporadica (si veda ad esempio la coppia di bracciali trinati da Bisenzio dell’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C.