I tabernacoli di Siena

I tabernacoli di Siena Ingrandisci

Arte e devozione popolare

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  • Autore: Alessandro Leoncini introduzione di Bruno Santi
  • Anno: 1994
  • Formato: 17 x 24 cm.
  • Pagine: 224 pp., ill
  • ISBN: 88-7145-069-8

10,00 €

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Tempo fa, nel 1985, forse prima tra le grandi città d’arte italiane, Siena ebbe l’opportunità di vedere illustrato – a cura dell’Azienda di turismo, instancabile valorizzatrice di ogni sia pur recondito aspetto della vita culturale della città – un patrimonio certo non nascosto, perché visibile e godibile nelle sue strade, ma a cui – lontano dalle epoche della sua costituzione – si era dedicata forse non sufficiente attenzione: quello dei tabernacoli viarî.

Un elegante pieghevole – questa la novità – ricco di illustrazioni a colori, con testi adeguati e criticamente ineccepibili, redatti da chi, come appunto Alberto Cornice, funzionario della Soprintendenza per i Beni artistici e storici, Soprintendente reggente dal 1989 al 1991, conosce impareggiabilmente le realtà artistiche di Siena, indicava al cittadino, al curioso, all’appassionato d’arte, i più importanti esempi di questa espressione religiosa realizzata en plein air.

Quanto questo patrimonio – sia pur meno considerato che in passato nella sua valenza devota a causa delle mutate condizioni sociali e religiose dei centri urbani, a cui neppure Siena, in parte, è riuscita a sottrarsi – stia a cuore ai senesi e alle istituzioni culturali della città, è dimostrato dai numerosi interventi di restauro e di recupero conservativo di cui è stato fatto oggetto nel tempo.

E particolarmente benemerita in queste iniziative, sostenute dalla banca cittadina per eccellenza, il Monte dei Paschi, è ancora l’Azienda di Promozione Turistica, che con la consulenza tecnico-scientifica della locale Soprintendenza per i Beni artistici e storici, che ha segnalato le professionalità adeguate per tali operazioni, è riuscita a programmare una serie di lavori di restauro che valorizzassero i tabernacoli cittadini.

Ultimi in ordine di tempo, che cito per indicare la piena attualità dell’impegno dell’Azienda, sono stati quello con la Madonna col Bambino in istucco, settecentesca, di via Sallustio Bandini, proprio all’ angolo con la scenografica via Lucherini, che porta in lieve discesa verso Santa Maria in Provenzano, quello, con lo stesso soggetto, nel vicolo dello Sportello, anch’esso del settecento, posto sotto l’arcata del palazzo Bernardi Avanzati. E, ancora, la frammentaria ma limpidissima Pietà di Guidoccio Cozzarelli sulla facciata del convento di S. Girolamo, nonché la Madonna con Bambino e santi seicentesca in via del Poggio.

Non vorrei trascurare però anche la meritoria opera di altri istituti bancari e associazioni volontarie, che hanno finanziato la valorizzazione di altre rilevanti testimonianze di arte senese ospitate nelle edicole stradali della città. Così è stato per il tabernacolo di Stalloreggi, interno alle Due Porte, riconosciuto come opera di Bartolommeo di David proprio grazie al restauro, obliterandone la tradizionale attribuzione a Baldassarre Peruzzi, il cui intervento conservativo fu favorito dalla Cassa di Risparmio di Firenze (che nel 1971 aveva già provveduto a far restaurare l’affresco del Sodoma con la Madonna “del corvo” in via di Castelvecchio) nel 1975, e per quello, racchiuso in un’elegante cornice timpanata, dell’Arco dei Pontani, ricondotto alla mano di un modesto ma piacevole petit-maître del Seicento senese, Francesco Bartalini, restaurato nel 1992 a cura del locale Lions Club.

Da ciò che si è cercato di tratteggiare finora, consegue una considerazione che è particolarmente significativa sia per chi si occupa della tutela del patrimonio artistico, sia per chi ne studia le caratteristiche formali (e talvolta i due impegni possono anche coincidere).

Spesso il restauro non dà come risultanza solo l’auspicata integrità conservativa, ma consente anche – nella ritrovata visibilità – di recuperare un giudizio critico corretto, spesso offuscato da pregiudizî consolidati dalla tradizione o da considerazioni affrettate, deviate appunto da non ineccepibili condizioni di conservazione.

L’attenzione e la cura non possono – nel caso senese dei tabernacoli – non trovare fertile terreno nell’affetto che da sempre le Contrade portano alle testimonianze di storia e d’arte che si ritrovano nei loro territori.

La Festa di Tabernacoli, promossa ancora dall’Azienda di Promozione Turistica in occasione della ricorrenza mariana dell’otto settembre (Natività della Madonna), ma gestita con gioioso entusiasmo dai ragazzi delle Contrade, che addobbano i tabernacoli con l’immagine della Vergine conservati nei loro rioni con decorazioni tematiche spesso allusive alla vita contradaiola e alla Festa amatissima e ambita del Palio, conferma un affettuoso avvicinamento verso queste espressioni d’arte a loro così vicine e familiari. Testimonianza questa di come molti tabernacoli vengano considerati ancora nella loro valenza originaria, quella di espressioni del sentimento devoto collettivo, e non relegati nell’ordine di manufatti da tutelare, favorendone così l’opera di manutenzione che ne assicura la più corretta conservazione, quella legata all’uso e alla vita quotidiana.

Dietro ogni iniziativa collettiva, sussiste ovviamente l’impegno personale. Dietro l’accostamento e la curiosità, c’è l’esigenza conoscitiva che favorisce poi, nella precisa definizione delle caratteristiche storiche e formali, l’opera di salvaguardia del patrimonio culturale.

La ricognizione sulla consistenza e sulle caratteristiche figurative dei tabernacoli senesi data (a esclusione naturalmente dei manufatti eseguiti in epoche successive) dal Settecento, quando Girolamo Macchi nelle sue Memorie (conservate oggi nell’Archivio di Stato) inserì le note sulle Immagini che sono dipinte nelle facciate per di fuori di più case dentro nella città di Siena…, e praticamente tutte le guide che si son succedute nella illustrazione delle mirabilia della città, non hanno mancato di ragguagliare il visitatore su questi “balconi” d’arte che affollano le strade di Siena. E altri indagatori delle vicende storico-artistiche della città hanno citato in articoli, monografie, saggi sparsi i loro autori più rilevanti.

Anche le targhe di possesso, in genere foggiate in terracotta dipinta e smaltata, con le figure della Vergine di Provenzano, o della Madonna Assunta, o di Santa Caterina, o del nome di Gesù bernardiniano, o delle insegne degl’istituti benefici della città, come lo Spedale di Santa Maria della Scala o la Misericordia, opere invero più modeste ma riferimenti di carattere devoto alla popolazione (in molti casi, purtroppo, oggetti di trafugamento, come indicano i troppi spazi vuoti, una volta occupati da queste tavolette, nelle facciate delle case), son state segnalate in diligenti libretti, come quello curato da Rossana Traldi nel 1983.

A questa vastissima mèsse bibliografica vanno aggiunti di volta in volta gli articoli che Giulio Pepi, sapiente cultore delle memorie patrie, pubblicava (e continua a pubblicare, con costante entusiasmo) nei giornali cittadini, stimolando l’interesse per i tabernacoli di Siena.

Tuttavia, mancava una ricognizione completa e organica, un “corpus” critico che desse le coordinate storico-critiche, materiali, descrittive dei tabernacoli senesi. Alessandro Leoncini ha affrontato con encomiabile sistematicità e costanza questa materia vasta e complessa; ne ha dato un primo saggio indicativo in un dattiloscritto edito nel 1985 dall’Azienda di Promozione Turistica; ha finalmente concluso i suoi studî e le sue indagini nella pubblicazione che si sta introducendo, e che non solo colma una lacuna nelle pur numerose opere dedicate alla storia e all’arte di Siena, ma costituisce – per la sua completezza, per la sua bibliografia, per la sua impostazione, che tiene opportunamente conto dei tabernacoli tuttavia esistenti (e che per il pubblico e i conservatori è ovviamente la sezione più significante); di quelli che han mutato di sede; di quelli di autore certo ricordati dalle fonti (e come non emozionarsi di fronte alla memoria e alla descrizione dei due assegnati a Simone Martini, nel palazzo poi detto “del Magnifico” e in piazza Paparoni; di quelli anonimi) – uno strumento compiuto e indispensabile.

Un’opera di grande importanza, certo, per la ricostruzione di quel tessuto connettivo di figurazioni che, come espressione di religiosità pubblica, si è aggiunto alle immagini sacre conservate nell’intimità domestica o offerte alla devozione ufficiale nelle chiese, ma anche per la possibilità che offre ai conservatori di operare nel loro compito di tutela delle testimonianze figurative locali.

I tabernacoli sono una significativa sintesi dell’arte senese, offerta agli osservatori di oggi come un museo all’aperto, il cui allestimento è l’aspetto stesso della città, i suoi muri di mattoni, di intonaci, di pietre. Che, nonostante le perdite dovute alle vicissitudini della storia, possono ancora mostrare le capacità creative di pittori come il Maestro duccesco delle Due Porte, Neroccio di Bartolomeo, Guidoccio Cozzarelli, il Sodoma, Bartolommeo di David, Francesco Bartalini, Ventura Salimbeni, Sebastiano Folli, Astolfo Petrazzi, per citare i più remoti; e quelli resi noti per aver dedicato la loro opera ai drappi gioiosi del Palio: Vittorio Giunti, Federico Ioni, Bruno Marzi, Irio Sbardellati, Pier Luigi Olla, Riccardo Tommasi Ferroni.

A dimostrare come, grazie alle sue Contrade, Siena non mostra fogli bianchi nel voluminoso albo della sua vicenda artistica.

Alessandro Leoncini ha voluto onorare con questa meditata e doviziosa opera la sua città. Chi ha a cuore Siena e le sue vicende di civiltà e di cultura gli deve una duratura, sincera gratitudine.

  • Autore Alessandro Leoncini introduzione di Bruno Santi
  • Anno 1994
  • Formato 17 x 24 cm.
  • Pagine 224 pp., ill
  • ISBN 88-7145-069-8