Archeologia della produzione e dei sapori

Archeologia della produzione e dei sapori Ingrandisci

Nuovi percorsi di ricerca in Etruria

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  • Autore: a cura di Andrea Ciacci e Andrea Zifferero
  • Anno: 2009
  • Formato: 15 x 21 cm.
  • Pagine: 160 pp., ill
  • ISBN: 9789-88-7145-287-6

11,00 €

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Il terzo volume dei Taccuini dell’ILEAI raccoglie il bilancio dell’attività dell’ILEAI sviluppatasi in particolare a partire dal 2004, anno in cui iniziò il “Progetto VINUM”. Quell’esperienza ha costituito certamente un punto di svolta e ancora oggi costituisce una sorta di paradigma cui si ispirano i diversi progetti e le relative schede qui raccolte offrono una panoramica delle relazioni messe in gioco nel corso di questi anni.

Insieme ad Andrea Zifferero condivido la cura del volume, ma l’avvio, lo sviluppo e l’attuazione dei singoli progetti illustrati sono il frutto di una molteplicità di competenze, da quelle ancora “acerbe” dei giovani collaboratori di cui supplisce l’entusiasmo e la voglia di fare a quelle più mature di colleghi che con spirito di fattiva collaborazione partecipano alle nostre linee di ricerca sostanziandole con dati altrimenti non recuperabili. Non è possibile fare tutti i nomi: a loro va il nostro sentito ringraziamento.

Il titolo dell’attuale Taccuino, Archeologia della produzione e dei sapori: nuovi percorsi di ricerca in Etruria, forse non è immediatamente percettibile: certamente suona bene, ma per il comune lettore occorre una qualche spiegazione. Se l’archeologia della produzione ha a che fare con la materialità della storia, cercando di conoscere e ricostruire i modi della produzione, dello scambio e del consumo delle comunità del passato, l’archeologia dei sapori investe più l’ambito immateriale e aspetti che costituiscono le “sfumature” della storia dell’uomo (parafrasando André Leroi-Gourhan).

“Archeologizzare” o, meglio, “storicizzare” un sapore certamente avvia un processo in controtendenza con quanto l’attuale gastronomia tende a privilegiare. Pensiamo alle attuali attenzioni alle qualità organolettiche di un vino o anche di un olio, alle caratteristiche di grado zuccherino o di acidità che devono possedere oggi per rispondere ai diversi capitolari previsti dalle normative vigenti.

Pensiamo ad un bicchiere di vino ottenuto da una “lambruscaia”, magari di quel vino prodotto a Scansano con sapienza antica da un produttore locale: un vino “bono”, corposo; anche il colore è “diverso”, ma il sapore ha una nota diversa rispetto agli altri vini da pasto o di qualità (intesa in senso attuale) bevuti in occasioni particolari.

Pensiamo anche al modo di berlo: non da un bicchiere in vetro, ma da una coppa in terracotta, che contribuisce ad un sapore certamente” diverso”. Pensiamo ad un olio prodotto da un olivo secolare: alcuni produttori della Val d’Orcia miscelano olive di olivi secolari con quelle di varietà attuali, altrimenti l’olio non “viene bono”. Pensiamo anche all’olio dei nostri nonni, conservato negli ziri per mesi, che alla fine assumeva un sapore rancido: eppure si continuava ad utilizzarlo.

Il sapore solletica il senso del gusto ma varia nel corso del tempo: ciò che una volta era apprezzato ora non lo è più. Un segno di civiltà forse, ma anche una perdita. Ed è in questa perdita e in questa diversità che si misura il tempo e uno degli oggetti di ricerca dell’archeologia dei sapori.

Sono proprio le “sfumature” (l’indefinibile etnico, l’ “indéfinissable ethnique”, sempre citando Leroi-Gourhan) le possibili chiavi di lettura per tentare di definire l’unicità di uomini e culture: certamente in antropologia ma anche in archeologia. Il sapore costituisce l’ultimo anello di una lunga catena che in archeologia va ricostruita, passo dopo passo, spesso interpolando (grazie alle attuali tecnologie, come spiegato nelle diverse schede che seguono) le molte cesure che il tempo vi ha introdotto.

Il percorso di un prodotto, da monte a valle della filiera agroalimentare, normalmente è oggi indicato con il termine di ‘tracciabilità’: si tratta di un concetto che strettamente si lega alla valorizzazione delle produzioni e che recentemente si è manifestato anche attraverso lo sviluppo dei cosiddetti “mercati di campagna”, luoghi attraverso cui proporre le tipicità a “filiera corta” in un contesto di produzione e consumo consapevoli.

Da questa constatazione è maturata la consapevolezza che uno dei settori di sviluppo più promettenti per ricostruire identità e microstorie regionali sia l’indagine archeologica applicata all’approfondimento della cultura materiale e dei sistemi alimentari, in una prospettiva di “rintracciabilità” dei percorsi storici e culturali dei singoli prodotti: e anche del perduto patrimonio dei sapori.

La nuova frontiera per dare impulso alle economie locali, attraverso il riconoscimento di “giacimenti gastronomici” storicamente caratterizzati, sembra avere gli strumenti essenziale nell’archeologia della produzione e del gusto: lo studio dei caratteri storici, topografici e tecnologici delle forme della produzione alimentare acquista un diverso e più importante spessore, nella prospettiva di conferire valore al prodotto tipico.

Ritornando per un attimo all’archeologia della produzione, questa ha tra gli obiettivi lo sviluppo e l’approfondimento del rapporto tra le comunità preromane e la visione dell’ambiente certamente in termini di creazione dei paesaggi agrario e pastorale ma anche estrattivo e minerario, tutti elementi che hanno fortemente condizionato la crescita delle comunità etrusche e le forme di adattamento alle risorse presenti in natura.

L’eredità della civiltà etrusca, riferita in particolare all’attività manifatturiera della ceramica e a quella estrattiva e della lavorazione dei materiali lapidei da costruzione, contribuisce ad approfondire l’identità delle produzioni artigianali legate all’età contemporanea.

In questo senso si spiegano le linee di ricerca legate alle produzioni artigianali della ceramica e del travertino, parte di un più ampio progetto che ha preso il nome di “Etruschi in Terra di Siena”, i cui esiti preliminari sono illustrati in questo Taccuino.

Una nuova frontiera per la ricerca in archeologia, dunque, di cui si offre una prima sintesi in termini di metodi e risultati preliminari: ma anche una possibile risposta alla complessità globalizzata del mondo attuale, che non può prescindere da una partecipazione attiva degli Enti locali, della popolazione rurale, del mondo della produzione e di tutti quegli Enti finanziatori senza il cui apporto non possono prendere forma progetti che come ArcheoVino, Eleiva e gli altri presentati tentano di riannodare il tenue filo rosso tra modernità e storia.

  • Autore a cura di Andrea Ciacci e Andrea Zifferero
  • Anno 2009
  • Formato 15 x 21 cm.
  • Pagine 160 pp., ill
  • ISBN 9789-88-7145-287-6